Pochi puntini su un foglio bianco, quattro colori che si sfiorano e si sovrappongono ed ecco che si possono creare infinite forme, riprodurre fotografie, realizzare libri preziosi.
Quattro strani colori a dire il vero:
uno, il nero, che forse non è nemmeno un colore, il secondo un orrendo rosso che pare prenda suo nome dal sangue versato nella battaglia di Magenta, terzo, il ciano, la cui assonanza con cianotico non è del tutto casuale, per fortuna a salvare il quartetto c’è un giallo che è sempre un piacere per gli occhi.
Per vedere nel dettaglio il comportamento della quadricromia (abbinata alla stampa offset) lo studio di alcuni fumetti classici, in particolare quelli realizzati negli anni 60 e 70, è perfetto.
Con colori semplici, piatti facili da stampare e quindi economici, l’abilità dei disegnatori ha permesso di creare immagini che sono state anche fonte di ispirazione per gli artisti contemporanei della pop art.
Cosa succede se prendiamo il retro di copertina del fumetto Diabolik e lo ingrandiamo 10, 20 volte?
Appare in tutta la sua evidenza la semplicità della tecnica di stampa e come il nostro occhio si faccia influenzare dalla dimensione e dalla distanza dei punti che formano un’immagine.
La carnagione di Mafalda in dimensione normale appare liscia, una volta ingrandita si nota che è composta da puntini di giallo e di magenta,
E i sui occhi azzurri?
Una trentina di microscopici puntini di ciano ed ecco fatto.
Pochi tratti e pochi colori per una figura intrigante che può rivaleggiare con le foto iperrealistiche di un certo contemporaneo “paginone centrale”, comunque anche lui composto da micropunti di ciano, magenta, giallo e nero.