Lo diamo per scontato ma non è da molto tempo che stampare a colori sia così semplice e tutto sommato così economico.
Anzi oggi stampare (bene) in bianco e nero può essere addirittura più difficile e costoso che stampare a colori.
Andiamo con ordine:
Sino agli anni 70 le riviste e il libri erano composti per lo più da pagine in bianco e nero tranne una minima parte che vantava il colore sua tutte le pagine.
Con l’avvento della tecnologia digitale, che risale agli anni 80, grazie a scanner sempre più rapidi è stato possibile portare tutta la stampa verso il colore e il collo di bottiglia della fase di prestampa è stato superato consentendo finalmente di sfruttare a pieno le possibilità della stampa offset.
Per questi motivi lo studio della storia dell’arte ha subito una serie di condizionamenti interessanti per gli intrecci tra “filosofia del colore” – stampa – tecnologia.
Come dice Michel Pastoureau: “il colore è il grande assente della storia dell’arte. Anche gli storici della pittura spesso non lo nomino e riescono a scrivere grossi tomi eruditi sull’opera di un pittore o sulla scuola pittorica senza mai pronunciare la parola colori”
Per lungo tempo gli studiosi hanno conosciuto le opere sparse nei musei del mondo solo attraverso le fotografie in bianco e nero, tra 800 e 900 gli studi si fecero via via più intensi ma era complicato viaggiare e scattare a colori.
Qualcuno sostiene che la storia dell’arte in sé, come disciplina, nasce prorprio grazie alle riproduzioni fotografiche consentendo allo studioso l’analisi comparativa tra opere ubicate in diverse parti del mondo.
Facile esempio L’archivio di Federico Zeri, un vero patrimonio culturale di immenso valore è composto di decine di migliaia di immagini in bianco e nero. E il titolo di un libro che ne parla è illuminante: “I colori del bianco e nero. Fotografie storiche nella Fototeca Zeri 1870-1920″
Fotografie monocromatiche, dunque, dato che le riproduzioni del colore sino al secondo dopoguerra erano costose, scadenti e poco fedeli, tanto che gli storici dell’arte (e non solo loro) hanno sostenuto sino al XXI secolo che la fotografia in bn avesse dei grandi vantaggi “culturali” verso quella a colori permettendo di concentrare l’attenzione sulla distrubuzione delle masse pittoriche, sul disegno e la composizione di un dipinto, insomma meglio un onesto bianco e nero, magari in diverse versioni, che un fuorviante immagine dai colori “fantasiosi”.
Teoria sostenuta anche da grandi fotografi che lontani dal mondo dell’arte hanno vissuto per il fotoreportage, gente come Capa, Carteier Bresson, il nostro Gianni Berengo Gardin, anche se meglio non entrare in questo questo terreno, veramente scivoloso per qualsiasi amante della fotografia e della sua storia.
Mi limito ad una considerazione di facile evidenza: oggi la stampa a colori ha raggiunto limiti eccellenti, con colori, spesso accuratamente calibrati, in altissima definizione.
Tachen, Phaidon e altre case editrici pubblicano libri meravigliosi a costi ragionevoli, non c’è maestro dal rinascimento in poi che oggi non abbia la sua monografia a colori.
Con tutti i limiti del caso è difficile sostenere il primato del bianco e nero, ma penso valga la pena ribadirlo perchè è un argomento ancora molto caldo!
Lo diamo per scontato ma non è da molto tempo che stampare a colori sia così semplice e tutto sommato così economico.
Anzi oggi stampare (bene) in bianco e nero può essere addirittura più difficile e costoso che stampare a colori.
Andiamo con ordine:
Sino agli anni 70 le riviste e il libri erano composti per lo più da pagine in bianco e nero tranne una minima parte che vantava il colore sua tutte le pagine.
Con l’avvento della tecnologia digitale, che risale agli anni 80, grazie a scanner sempre più rapidi è stato possibile portare tutta la stampa verso il colore e il collo di bottiglia della fase di prestampa è stato superato consentendo finalmente di sfruttare a pieno le possibilità della stampa offset.
Per questi motivi lo studio della storia dell’arte ha subito una serie di condizionamenti interessanti per gli intrecci tra “filosofia del colore” – stampa – tecnologia.
Come dice Michel Pastoureau: “il colore è il grande assente della storia dell’arte. Anche gli storici della pittura spesso non lo nomino e riescono a scrivere grossi tomi eruditi sull’opera di un pittore o sulla scuola pittorica senza mai pronunciare la parola colori”
Per lungo tempo gli studiosi hanno conosciuto le opere sparse nei musei del mondo solo attraverso le fotografie in bianco e nero, tra 800 e 900 gli studi si fecero via via più intensi ma era complicato viaggiare e scattare a colori.
Qualcuno sostiene che la storia dell’arte in sé, come disciplina, nasce prorprio grazie alle riproduzioni fotografiche consentendo allo studioso l’analisi comparativa tra opere ubicate in diverse parti del mondo.
Facile esempio L’archivio di Federico Zeri, un vero patrimonio culturale di immenso valore è composto di decine di migliaia di immagini in bianco e nero. E il titolo di un libro che ne parla è illuminante: “I colori del bianco e nero. Fotografie storiche nella Fototeca Zeri 1870-1920″
Fotografie monocromatiche, dunque, dato che le riproduzioni del colore sino al secondo dopoguerra erano costose, scadenti e poco fedeli, tanto che gli storici dell’arte (e non solo loro) hanno sostenuto sino al XXI secolo che la fotografia in bn avesse dei grandi vantaggi “culturali” verso quella a colori permettendo di concentrare l’attenzione sulla distrubuzione delle masse pittoriche, sul disegno e la composizione di un dipinto, insomma meglio un onesto bianco e nero, magari in diverse versioni, che un fuorviante immagine dai colori “fantasiosi”.
Teoria sostenuta anche da grandi fotografi che lontani dal mondo dell’arte hanno vissuto per il fotoreportage, gente come Capa, Carteier Bresson, il nostro Gianni Berengo Gardin, anche se meglio non entrare in questo questo terreno, veramente scivoloso per qualsiasi amante della fotografia e della sua storia.
Mi limito ad una considerazione di facile evidenza: oggi la stampa a colori ha raggiunto limiti eccellenti, con colori, spesso accuratamente calibrati, in altissima definizione.
Tachen, Phaidon e altre case editrici pubblicano libri meravigliosi a costi ragionevoli, non c’è maestro dal rinascimento in poi che oggi non abbia la sua monografia a colori.
Con tutti i limiti del caso è difficile sostenere il primato del bianco e nero, ma penso valga la pena ribadirlo perchè è un argomento ancora molto caldo!